Il M.I. con il DM 170 del 24 giugno 2022,ha definito i criteri di riparto delle risorse del PNRR destinate alle azioni di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica, ed ha assegnato alle scuole secondarie di I e II grado 500 milioni di euro, quota parte del complessivo finanziamento di un miliardo e mezzo.
Il decreto, pubblicato senza alcun confronto con le parti sociali e con le Regioni, senza alcuna informativa alle OO.SS, prevede la realizzazione di attività in favore di alunni a rischio di “fragilità degli apprendimenti”, la “dispersione implicita” in base ai risultati delle prove INVALSI.
La dispersione implicita è la quota di studenti che terminano il loro percorso scolastico senza aver acquisito le competenze fondamentali in nessuna delle tre materie monitorate dall’Invalsi (italiano, matematica e inglese).
Perché “dispersione”?
Perché questi ragazzi rischiano di avere limitate prospettive di inserimento nella società, molto simili a quelle di chi è rimasto vittima della dispersione vera e propria, ovvero della dispersione esplicita, cioè di coloro che si sono fermati al diploma di terza media. Nel 2019 la dispersione scolastica implicita si attestava al 7,5%, per salire al 9,8% nel 2021, molto probabilmente a causa di lunghi periodi di sospensione delle lezioni in presenza. Nel 2022 si osserva una minima inversione di tendenza sia a livello nazionale, dove si ferma al 9,7% (-0,1 punti percentuali) sia a livello regionale.
Secondo l’Invalsi sommando i dati, avremmo il 23,2% (13,5+9,7) di diciannovenni dispersi tra espliciti e impliciti, e inoltre – tra i maturati non considerati dispersi impliciti – un’altra percentuale di diplomati che comunque non raggiunge risultati “adeguati”, valutabile attorno al 30% abbondante.
Statistiche, numeri, ecco cosa è diventata la valutazione di sistema, che, invece, era stata concepita e promossa come supporto alle decisioni politiche; c’è stata la valutazione dei ritardi e degli squilibri della scuola italiana, che si è andata certamente affinando, ma è mancata la politica scolastica che ha sempre considerato gli investimenti per la SCUOLA, solo come costi.
Tornando al decreto, dalla distribuzione dei 500 milioni di euro saranno escluse le scuole con percentuale inferiore all’8% perché la distribuzione si basa sulla percentuale di studenti con risultato L1 (mai esplicitato dall’INVALSI) nelle prove di italiano e matematica. Il risultato finale è che solo il 39% delle scuole italiane risulta beneficiaria dei fondi con incongruenze all’interno dei territori regionali e provinciali e con effetto paradosso: sono finanziati licei classici e non ricevono contributi gli Istituti Comprensivi appartenenti a zone in cui le percentuali della dispersione esplicita sono elevati e consolidati nel tempo. Le Scuole secondarie di secondo grado sono un numero maggiore degli Istituti Comprensivi, dove si riscontrano maggiori difficolta di apprendimenti e da dove si deve partire per il recupero; mancano i CPIA perché non si svolgono le prove INVALSI, ma anche questi Istituti sono a rischio dispersione.
Il decreto ministeriale (170 del 24.06.2022) attribuisce, quindi, 500 milioni di euro, risorse del PNRR, alle scuole in funzione del recente indicatore, la “dispersione implicita, senza tener conto di altri indicatori, quali il contesto e i bisogni, la mancanza di interventi strutturali e di sistema.
Mariolina Ciarnella – Presidente IRASE Nazionale
Quanto fin qui posto in evidenza è stato oggetto di riflessioni del Segretario Generale della UIL Scuola Turi che ha dichiarato quanto segue:
“La dispersione scolastica, così come la formazione, subisce da tempo una progressiva azione intesa a ridurla a mera materia economica, generando una prospettiva che non tiene in alcun conto la persona e il contesto in cui vive: la Scuola. Investire risorse senza un progetto di massima e senza alcun dibattito, ci sembra, con amara evidenza, solo un modo per attivare e sostenere clientele eludendo la risoluzione del problema della dispersione scolastica, grave piaga da combattere.
Quando il criterio base si esplicita nell’offrire soldi, senza comprendere né il contesto né i bisogni, non misurabili “un tanto al chilo” come fa l’invalsi, siamo in presenza di un ennesimo spreco.
Non si trovano soldi per aumentare gli stipendi del personale e poi si buttano via a piene mani preziose risorse.
Numerose sono le scuole che si mostrano più ” attente ” ai finanziamenti dedicati ad azioni straordinarie che a favorire l’ordinario. In questo solco si collocano le risorse dispensate da regioni e Stato per risolvere un problema che andrebbe osservato e approcciato nelle sue premesse e non negli effetti.
Si punta sui progetti e si trascura l’attività di istituto che è una delle premesse per prevenire la dispersione, piuttosto che inseguirla.
È la povertà, quella vera, a generare anche quella formativa, ma non è così che si può invertire la tendenza. Spendere è l’approccio del governo per dimostrarci che ha affrontato il problema della dispersione scolastica, per affermare che ha agito bene sciorinandoci le risorse impegnate. Sarebbe meglio e più opportuno partire da un’idea di intervento strategico sulla base dei dati.
Il guaio è che il neo liberismo non produce idee se non omologate al pensiero unico, quello di amministrare risorse, con il modello del mercato: Il più bravo prevale gli altri soccombono.
La scuola ha un mandato che muove da principio differente: chi rischia di soccombere, se messo nelle condizioni di agire, diviene contribuito alla risoluzione del problema.
Per questo diciamo che la scuola non è un’azienda e la distribuzione delle risorse deve seguire strade diverse, magari quella dei bisogni. Viceversa si allargherà la forbice delle disuguaglianze, vero humus su cui cresce la dispersione e la povertà educativa”.
Pino Turi – Segretario Generale della UIL Scuola