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L’intervento della Presidente Mariolina Ciarnella al 2° Congresso nazionale di UIL Scuola

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  • Articolo pubblicato:Settembre 24, 2022
  • Categoria dell'articolo:News


Sono Mariolina Ciarnella, Presidente IRASE Nazionale, Istituto di Ricerca Accademica, Sociale ed Educativa nato circa da 20 anni fa per volontà della UIL Scuola secondo l’idea che il Sindacato non dovesse essere solo uno strumento di servizio per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori della Scuola ma anche un braccio operativo in ambito di formazione e aggiornamento di tutta la comunità scolastica ed educativa.

Proprio sulla base di questa riflessione ancora oggi siamo qui per confermare il nostro ruolo a sostegno delle tesi politiche della nostra organizzazione a cui diamo forza attraverso il nostro lavoro di ricerca sull’innovazione didattica ed educativa insieme alla costruzione di una progettazione sempre più ampia di proposte formative in grado di raccogliere e valorizzare le sfide educative che ogni giorno si pongono davanti al mondo della scuola.

Questo congresso è incentrato sul tema del rispetto e il rispetto altro non è che un atteggiamento che favorisce le relazioni interpersonali adeguate e soddisfacenti. Il rispetto è una qualità, un valore, un dono prezioso, che sta alla base di qualunque tipo di relazione umana e dell’esistenza stessa. Questo significa che dobbiamo identificare il rispetto come l’elemento alla base del riconoscimento della dignità personale, elemento centrale per qualsivoglia percorso di inclusione della diversità,.

Non esiste inclusione senza rispetto. E non esiste inclusione se non facciamo un passo indietro (ricordiamoci che la parola rispetto, etimologicamente, dal latino, significa “guardare indietro”) per lasciare che qualcun altro possa farne uno in avanti.

Inclusione, una parola che è entrata a far parte della nostra vita, dei nostri pensieri, dei nostri discorsi, eppure ancora si avverte un po’ di confusione nell’attribuirgli un chiaro significato e ancor più troviamo difficoltà nel tentativo di renderla concreta, vissuta, tangibile.

Ma cos’è l’inclusione?

E’ una parola, una soltanto ma con una forza semantica capace di affermare una visione politico-sociale di qualità, una sola parola che apre a scenari di vita e umanità diversi da quelli conosciuti finora, una parola che porta con sé significati culturali e relazionali che fanno pensare ad una rivoluzione sociale di ampia portata.

Se finora l’essere umano ha pensato il mondo in senso strettamente verticale, facendosi governare dal concetto di potere e da una politica economica che ha dimenticato l’umanità, oggi si affaccia, finalmente, una visione olistica ed orizzontale che si ispira ai principi di equità sociale, che affianca ma senza appiattire, che completa e contempla, una prospettiva politico-pedagogica che pone al centro la Persona quale essere unico, speciale e irripetibile, portatrice di diritti e valori ineludibili.

Una visione più umana che trova senso nel NOI opponendosi alla triste solitudine dell’IO che ha caratterizzato lo scenario politico-sociale degli ultimi secoli.

Ebbene, l’Inclusione non è altro che un abbraccio, è la visione completa, complessa e competente, è la capacità di avvolgere e inglobare, del tenere uniti, del pensare insieme, del condividere.

E’ una cultura, un modo di pensare la vita, un approccio gentile all’umanità e alle sue forme di organizzazione “intra” ed “inter” relazionali.

La consapevolezza del nucleo fondante l’essenza dell’uomo fatto di emozioni, fragilità, desideri, di spinte d’azione che muovono verso l’oltre, l’alto e l’altro, in un dinamismo incessante, è l’impalcatura principale su cui si regge e si erge l’inclusione.

E allora poco importano il colore della pelle, il genere, l’orientamento sessuale, la nazionalità, il credo religioso, il pensiero politico, lo stato sociale, la condizione di salute psico-fisica, l’umanità ha bisogno di ogni singola donna e di ogni singolo uomo per bilanciare il piano sociale cercando scenari più sostenibili per tutti.

Ecco perché l’inclusione è la vision che ha ispirato L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto il 25 settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite, approvato dall’Assemblea Generale dell’ONU e costituito da ben 17 obiettivi comuni, i cosiddetti “goals”, tra i quali la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico, per citarne solo alcuni. “Obiettivi comuni” nel senso che riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui, nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità.

E ancora l’inclusione è una priorità per la Commissione Europea nella sua strategia quadro sull’uguaglianza per il 2020-2025, e prima ancora la si può trovare nei principi fondanti la Costituzione Italiana.

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3 Cost. Italiana).

Sorprende, dunque, come ancora risulta difficile definirla, concepirla ed attuarla nei vari contesti sociali a partire dai contesti formativi delle istituzioni scolastiche.

Nel recente PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, infatti, la scuola acquista centralità nella politica nazionale in quanto motore portante dello sviluppo culturale, sociale ed economico del Paese.

In quest’ottica di ritrovata lucidità culturale risulta evidente come la promozione dei contesti sociali inclusivi non può che trovare il suo punto di snodo nella scuola, in un approccio sistemico e di rete che coinvolge tutti gli attori sociali, nel dialogo continuo, necessario e proficuo tra competenze, professionalità e autonomie diverse.

Un dialogo che si deve svolgere attraverso in linguaggio inclusivo, perché sappiamo bene che il linguaggio, le parole, sono un potentissimo veicolo con il quale si trasmettono valoripensieri messaggi  Sappiamo anche che il linguaggio è spesso portatore di stereotipi e pregiudizi che, inevitabilmente, influenzano i nostri comportamenti nella vita quotidiana e le nostre interazioni professionali e personali nei luoghi di lavoro. La comunicazione ha un ruolo pertanto centrale nella quotidianità della scuola, poiché attiva i nostri pensieri e processi cognitivi. Il linguaggio esercita una funzione regolatrice e di stimolo sui meccanismi mentali che presiedono alla nascita del pensiero e al suo sviluppo che, per necessità e comodità, spesso devono essere veloci e immediati.

Qui entra in gioco il potere e la trasversalità del rispetto e dell’inclusione che possono influire positivamente anche sul nostro linguaggio, rendendolo in grado di abbracciare le diversità e abbattere proprio i pregiudizi inconsci che spesso guidano la nostra visione del mondo, il ragionamento e ciò che esprimiamo. Usare un linguaggio inclusivo non è, quindi, solo un modo più fedele di rappresentare la realtà, ma permette anche di influenzarla positivamente e di coltivare la percezione di inclusione e rispetto provata dalle persone. Le parole contano. Le parole che scegliamo di utilizzare producono un impatto sulle nostre abilità di entrare in relazione con gli altri. Collaborazione, dialogo ed empatia sono tutte caratteristiche che il linguaggio inclusivo stimola e fa proprie. Così linguaggio, rispetto e inclusione, ove sviluppati all’unisono, si ritrovano a svolgere un lavoro che impatta positivamente sul benessere emotivo e psicologico dei bambini, dei ragazzi, e, in generale, di tutta la comunità scolastica.

Oltre tutto questo, il tema del rispetto, per Irase Nazionale è necessariamente anche una lente di ingrandimento con cui approcciare alle questioni di progettazione didattico-formative in chiave di inclusione scolastica.

La scuola ribadiamo difatti, è riferimento fondamentale per l’inclusione, da intendersi come crocevia di ogni tipo di diversità, come il luogo privilegiato per la crescita dei cittadini del mondo e nel mondo.

Dobbiamo pensare alla scuola come uno strumento in grado di far emergere la creatività delle giovani generazioni e di declinarla in tutti i loro aspetti. Per raggiungere questo obiettivo bisogna guardare e sviluppare le molteplici intelligenze di cui è dotata ogni persona, senza delegare le innovazioni educative ma facendo tesoro delle molteplici esperienze educative. La scuola, infatti, dovrebbe essere il luogo in cui si produce il futuro, non un posto che riproduce l’esistente.

Proprio per questo il rispetto e l’inclusione diventano elementi trasversali da promuovere necessariamente anche all’interno dei nostri percorsi formativi che come IRASE proponiamo alla comunità scolastica. La nostra offerta inserisce l’inclusione come elemento trasversale da affrontare in ogni aspetto, quando si parla di STEM come di nuovi strumenti tecnologici e digitali, quando si approccia alle competenze di cittadinanza, come a quelle relazionali, quando si affronta il tema della valutazione e dell’orientamento, così come, chiaramente, quando si approccia ai BES e all’educazione alle differenze.

Per concludere, mi faccio aiutare da Edgar Morin , per cui l’impegnativo compito culturale cui la scuola, in primo luogo, dovrebbe attenersi è: Riconoscere l’unità in seno alla diversità, la diversità in seno all’unità (…) Riconoscere l’unità umana attraverso le diversità culturali E le diversità individuali e culturali attraverso l’unità umana” parole che riprendono quasi alla lettera quelle più volte utilizzate da Zygmunt Bauman nelle sue opere.

È importante notare che Morin lega strettamente tale “pensiero ecologicizzante”, che implica un’integrazione dialogica tra le diverse discipline di studio, alla costruzione della “comprensione umana”: “Letteratura, poesia, cinema, psicologia, filosofia dovrebbero convergere per divenire scuole di comprensione. L’etica della comprensione umana costituisce senza dubbio un’esigenza chiave dei nostri tempi di incomprensione generalizzata: viviamo in un mondo d’incomprensione tra stranieri, ma anche tra membri di una stessa società, di una stessa famiglia, tra partner di coppia, tra genitori e figli”

È perciò necessario invertire questa tendenza distruttiva e “lottare contro l’odio e l’esclusione”.

Compito fondamentale dell’educazione è perciò quello di formare cittadini “solidali e responsabili”, ma “solidarietà e responsabilità non possono arrivare né da pie esortazioni né da discorsi civici, ma da un sentimento profondo di affiliazione (da affiliare, da filius, figlio), sentimento matri-patriottico che dovrebbe essere coltivato in modo concentrico in ogni singolo Stato, in Europa, sulla Terra.”