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Dialogo tra le generazioni, educazione e lavoro i tre pilastri di una Pace duratura

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  • Articolo pubblicato:Maggio 25, 2023
  • Categoria dell'articolo:News

Chi sono gli architetti della Pace? Certamente i capi di stato, i governanti, l’Onu, le istituzioni della società, i capi religiosi, la Chiesa.

Ma ci sono anche gli artigiani della Pace, i muratori, i falegnami, i fabbri. Chi sono? Siamo ciascuno di noi, uno ad uno, senza far rumore, con umiltà e tenacia, credenti e non credenti, affezionati frequentatori delle liturgie e uomini e donne senza un’ispirazione religiosa della vita. Tutti apparteniamo a questa categoria di costruttori creando pace in noi, nelle relazioni tra le persone, nel nostro lavoro, in famiglia, nell’impegno sociale. La Pace è “frutto di un impegno condiviso” e, per i cristiani, anche dono del Dio della Pace (1Ts 5, 23), dono del Risorto che saluta i suoi raccolti nel Cenacolo con le parole: Pace a voi!

L’anelito alla pace , oggi è più impellente, visti i conflitti nel mondo, soprattutto quello che stiamo vivendo vicino a noi. Nonostante ciò «ancora oggi, il cammino della pace, inteso come sviluppo integrale come definito da  San Paolo VI, rimane purtroppo lontano dalla vita reale di tanti uomini e donne e, dunque, della famiglia umana.

Papa Francesco, disegna – da progettista esperto in umanità – tre vie per la costruzione di una pace duratura, «tre elementi imprescindibili per “dare vita ad un patto sociale”, senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente. Il dialogo tra le generazioni, base per la realizzazione di progetti condivisi; l’educazione, fattore di libertà, responsabilità e sviluppo; il lavoro, piena realizzazione della dignità umana».

Dunque , importante, è  sguardo ai giovani, da sempre cantautori della pace, anch’essi, in questo tempo di soggettivismo spinto, chiamati al dialogo intergenerazionale e ad essere protagonisti. Il dialogo intergenerazionale «è la forza motrice di una politica sana, che non si accontenta di amministrare l’esistente con rattoppi o soluzioni veloci, ma che si offre come forma eminente di amore per l’altro, nella ricerca di progetti condivisi e sostenibili». Un’opzione che mette in guardia contro i rischi della strumentalizzazione del protagonismo giovanile, la tentazione di conquistare i giovani perché “portatori d’acqua” e non quali portatori di istanze e di fattori di cambiamento.

Per questo, è necessario che i governi investano nell’educazione , più cura dell’umanità e della natura, più scuola, più istruzione, «fondamenta di una società coesa, civile, in grado di generare speranza, ricchezza e progresso».

I contesti sociali ed economici degli ultimi anni, che stanno vedendo aumentare le povertà e i conflitti, acuirsi le diseguaglianze sociali, le emergenze alimentari, sanitarie e ambientali, hanno evidenziato l’insostenibilità dei modelli di sviluppo del passato.

È il momento di investire sul capitale umano, sull’educazione di bambini e adulti per innescare il processo di miglioramento personale e collettivo di cui abbiamo bisogno.

L’educazione, infatti, è lo strumento capace di avviare un cambiamento che permetta di passare da un mondo fondato sulla quantità, ad un mondo che assuma come valore la qualità: della vita, delle relazioni tra gli uomini, dei rapporti tra l’uomo e il pianeta.

Ma quale tipo di “educazione” può farci compiere questo passo così importante? Certamente un’educazione intesa come un processo che inizia con la nostra vita e che per tutta la nostra vita ci permetta di sviluppare tutte quelle abilità cognitive, emotive e relazionali capaci di darci una visione più ampia di noi stessi e di ciò che ci circonda.

Secondo l’Unesco, la condizione imprescindibile per compiere un cambiamento concreto è che le nuove generazioni imparino, e che ognuno di noi impari, a “conoscere, a fare, a vivere insieme e ad essere”. Sono queste le competenze della persona, che l’Agenzia specializzata delle Nazioni Unite che promuove l’educazione come strumento di pace e coesistenza, ha indicato come i 4 pilastri di uno sviluppo sostenibile.

Imparare a conoscere significa imparare a guardare il mondo con una visione più ampia, imparare ad imparare sempre e da ogni cosa, intrecciando le conoscenze e superando il sapere enciclopedico. “il nostro tempo è certamente quello dell’internet delle cose”. Soltanto acquisendo la capacità di osservare il mondo e di mettere in rete conoscenze, persone, informazioni e valori, l’umanità saprà trovare nuove strategie e nuove soluzioni alle richieste sempre più pressanti della modernità.

Imparare a fare significa acquisire competenze che permettano a ciascun individuo di dare il proprio contributo in qualsiasi situazione affinchè queste soluzioni vengano efficacemente messe in pratica, mettendosi a disposizione della collettività e cooperando per il bene comune.

Imparare a vivere insieme significa sviluppare una comprensione degli altri in uno spirito di rispetto delle differenze, dei valori, del pluralismo, della reciproca comprensione e della pace. In società multiculturali sempre più complesse, le competenze più importanti che possiamo maturare sono quelle che fanno delle nostre differenze culturali un inestimabile valore aggiunto.

Imparare ad essere significa sviluppare consapevolezza di sé, del proprio ruolo e della propria responsabilità per realizzarsi e vivere pienamente la propria vita. Perché conoscere le proprie infinite risorse e investire nella loro ricchezza è il primo passo per fecondare ciò che ci circonda.

Infine … la  pandemia ha aggravato molto la questione del lavoro; «è più che mai urgente promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato». Sostenere la libertà delle iniziative imprenditoriali e, nello stesso tempo, far crescere la loro responsabilità sociale, poiché le imprese «quanto più sono consapevoli del loro ruolo sociale, tanto più diventano luoghi in cui si esercita la dignità umana, partecipando così a loro volta alla costruzione della pace». Ed a chi spetta armonizzare queste vie? Spetta alla politica, uscire dagli schemi conflittuali e degli interessi e tornare a coniugare l’equilibrio tra libertà e dignità umana, economia e giustizia sociale.